Giulio Locatelli 29.set 2021—31.ott 2021

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Foto: Alberto Messina

TECLA

Platea Palazzo Galeano presenta “TECLA”, mostra personale dell’artista Giulio Locatelli e secondo episodio del palinsesto espositivo dedicato ai giovani artisti avviato nel mese di giugno con “Trionfo dell’Aurora” di Marcello Maloberti, intervento realizzato in collaborazione con la Galleria Raffaella Cortese. “TECLA” è un’installazione site-specific che trasforma la vetrina di Platea in uno spazio in costruzione, qualcosa sta prendendo forma, ma è ancora in via di definizione: una sorta di cantiere perpetuo, le cui fondamenta poggiano su cumuli di carta. L’accumulo, il deposito e il sedimento caratterizzano significativamente la ricerca artistica di Giulio Locatelli, che ne restituisce visivamente l’idea attraverso l’utilizzo di carta e filo.  Questa indagine prende vita a partire dalla riflessione sul concetto giapponese di “tsundoku” che indica l’abitudine – molto comune soprattutto in epoca recente – ad acquisire libri per poi lasciarli sullo scaffale senza mai leggerli. Ne deriva un insieme di pagine che racchiudono vicende, episodi, esperienze, relazioni intrecciate e coltivate. Cultura. Un accumulo di fogli carichi di segni, graffi, idee, legati concettualmente e rilegati fisicamente tra loro. Gli elementi costitutivi dell’opera sono infatti appunti, antologie di storie e visioni, favole e fiabe, migliaia di avventure accumulate che conducono lungo un viaggio sognato. “TECLA” cerca di restituire il fascino e la vitalità di un cantiere che altro non è che la fase embrionale di una città futura, le cui fondamenta poggiano sulla carta in un gioco di riflessi che la porta a fronteggiare la sede della Biblioteca Laudense, idealmente la base strutturale del sapere di una comunità, quella lodigiana.

Francesca Grossi: Da cosa nasce questa tua ossessione per il filo e cosa rappresenta per te questo materiale?

Giulio Locatelli: La mia ossessione nasce tempo fa, in un momento in cui lavoravo molto con la carta fatta a mano. Un giorno, tornando dall’Accademia, ho visto mia zia cucire e da lì è nato tutto. Mi interessava capire come il filo e l’atto del cucire potessero entrare in relazione con la mia carta, elemento che costituiva principalmente la mia ricerca. Mentre indagavo questi due materiali mi accorgevo che il filo si trasformava in gesto, segno e poi traccia. Mi piace il termine ossessione, secondo me è la voglia di continuare a ricercare con occhi sempre nuovi un determinato elemento: nel mio caso il filo.

FG: Cosa hai pensato quando ti è stato proposto di esporre un tuo lavoro all’interno della vetrina display di Platea?

GL: L’idea mi ha subito stuzzicato e incuriosito, credo sia una condizione importante saper collocare il proprio lavoro in spazi differenti. Il lavoro subisce fortemente la contaminazione del luogo che lo ospita, e lo spazio, nel momento in cui accoglie il lavoro di qualcuno, diventa parte dell’opera. È come se Platea, per il periodo dell’esposizione, diventasse un po’ mia.

FG: Com’è stato rapportarsi con gli altri componenti del progetto Platea?

GL: Confrontarsi con un gruppo di persone che andranno poi ad esporre in maniera individuale all’interno dello stesso spazio è fondamentale. Mi piace come condizione, la ritengo un’occasione importante per apprendere informazioni, spunti ed accrescermi attraverso il dialogo. A livello artistico è essenziale conoscere il lavoro degli altri ed i ragionamenti che stanno alla base della loro ricerca. Il confronto permette inoltre di notare aspetti del proprio lavoro che un occhio abituato fatica a vedere.

FG: L’indagine sull’accumulo si pone alla base dell’opera “TECLA”, cosa ha innescato un ragionamento verso questa ricerca?

GL: Questo studio ha preso vita a partire dal termine giapponese “Tsundoku”, ovvero l’atto di acquisire materiale da leggere e lasciarlo accumulare in casa, situazione che spesso ci troviamo a vivere. Mi piace pensare che da qualche parte si creino dei depositi di storie, vicende, racconti e relazioni. “TECLA” cerca di rendere visibile, attraverso il filo e la carta, questi sedimenti. L’installazione prende forma antistante alla Biblioteca Laudense, sede e luogo sicuro per il pensiero scritto. L’opera vuole mostrare la carta come elemento strutturale, materiale necessario alla concretizzazione delle idee della mente, che altrimenti prenderebbero freddo. Platea diventa un cantiere, un “sottosopra” le cui fondamenta poggiano sopra cumuli di carta.

BIO

Giulio Locatelli è nato nel 1993 a Bergamo, dove attualmente vive e lavora. Nel 2015 consegue il diploma di primo livello in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e nel 2017 ottiene il diploma di secondo livello in Pittura presso la medesima Accademia. Nel 2018 Giulio Locatelli tiene la sua prima personale presso la Galleria Ghiggini Arte. La ricerca di Giulio Locatelli è orientata al mondo del tessile, con particolare attenzione al filo, inteso come strumento sia d’analisi sia di realizzazione. Inizialmente manipolato attraverso il rituale della cucitura, il filo trova spazio in una nuova dimensione scultorea, evocando forme calcaree attraverso la sovrapposizione di registri di ordito.

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